aggiornato il 1 maggio 2024
«Sento che ora non è più l’epoca di fare dell’arte per l’arte,
ma dell’arte per l’umanità»
Giuseppe Pellizza da Volpedo
NB: un pensiero a chi non ha un lavoro e a chi lo perso. C'è sempre un'altra via. Mai arrendersi👍 In effetti da festeggiare non c'è nulla relativamente all'argomento lavoro, da soffermarsi a riflettere per arrivare alle soluzioni, quello si! E vale per tutti, è inutile continuare a girarsi dall'altra parte, ognuno di noi è res-pons-abile!
Festa dei Lavoratori?! L'Uomo o la tecnologia?
Da millenni l'uomo sfrutta l'energia dei propri muscoli, quella dei muscoli degli animali quella del vento, quella del sole.
Negli ultimi due secoli, carbone, petrolio, elettricità hanno ri-evoluzionato la vita dell'uomo. Congegni impressionanti, dotati di memoria, database, personal computer, microscopici per dimensione ma macro per funzionalità...detti "cervelli elettronici", fanno calcoli, elaborano progetti ed operazioni per i quali fino a non molto tempo fa occorrevano centinaia di Esseri Umani.
Le profondità marine esplorate e sfruttate per estrarre petrolio. La forza del vento per produrre energia...
Ci si compiace di tutto questo. Ma ci si dovrebbe soffermare qualche volta e riflettere su questo presente e/o futuro "favoloso".
Domandarsi se l'uomo davvero dovrà/potrà lasciare il suo posto per fare totalmente spazio alla tecnologia.
No: l'essere umano non deve essere sostituito in toto dalla tecnologia che egli stesso ha scoperto e forgiato.
La tecnologia deve essere utilizzata solo come supporto alla qualità della vita.
É la mente umana che ha saputo sfruttare le possibilità della scienza. È la genialità del cervello umano che ha rivolto a proprio vantaggio le forze magnifiche della Natura.
Quindi: come è sempre stato, l'uomo deve restare il fulcro della scena lavorativa.
La tecnologia, gli sviluppi, l'evoluzione di qualsiasi macchina non possono/devono, non dobbiamo permetterlo, eliminare il valore ed il potenziale del cervello umano, anzi, dimostrare che esso prevale.
Dopo la scoperta dell'atomo, ci saranno altre energie che si potranno utilizzare grazie al sole, all'aria, agli oceani. Ma è e sarà sempre il cervello dell'uomo ad incanalarle. L'augurio che lo faccia non per il tornaconto individuale ma sempre per il Suo Bene.
Suo Bene=Bene Umanità, era il pensiero prevalente di Nikola TeslaLe origini del primo maggio
La festa dei lavoratori affonda le sue radici in un periodo di significative manifestazioni per i diritti degli operai durante la Rivoluzione industriale negli Stati Uniti d'America, guidate dall'Associazione dell'Ordine dei Cavalieri del Lavoro.
Il 1º maggio 1886, in occasione del 19º anniversario dell'entrata in vigore della legge dell'Illinois sulle otto ore lavorative, la Federation of Organized Trades and Labour Unions lo stabilì come giorno di scadenza limite per estendere tale legge in tutti gli Stati, pena l'astensione dal lavoro, con uno sciopero generale a oltranza.
In quel giorno, anche Chicago partecipò allo sciopero generale, in particolare gl operai della fabbrica McCormick. La polizia, chiamata a reprimere l'assembramento, sparò sui manifestanti, uccidendone due e ferendone molti.
In Italia, appena si diffuse la notizia dell'assassinio degli esponenti anarchici di Chicago nel 1888, molti operai livornesi si rivoltarono prima contro le navi statunitensi ancorate nel porto, e poi contro la Questura della città di Livorno, dove si diceva che si fosse rifugiato il console degli Stati Uniti. Nel 1919 la Fiom riuscì a firmare con la Confederazione degli industriali, un accordo per la riduzione d'orario a otto ore giornaliere e 48 settimanali.
La rivista La Rivendicazione, pubblicata a Forlì, cominciava così l'articolo Per primo maggio, uscito il 26 aprile 1890: «Il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d'ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento»
Giuseppe Di Vittorio: La voce dei lavoratori
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Lavoratori in un Primo Maggio di fine Ottocento |
Una vita, quella di Giuseppe Di Vittorio, intensa e complicata : costretto a fare il bracciante, a causa della morte del padre per un incidente sul lavoro nel 1902; dopo avere appena imparato a leggere e scrivere sommariamente, teneva un quaderno in cui annotava termini ignoti che udiva, mettendo da parte faticosamente i soldi per acquistare un vocabolario.
Già negli anni dell'adolescenza, a 12 anni circa, aveva iniziato un'intensa attività politica e sindacale con Aurora Tasciotti; inizialmente di idee anarchiche, passò poi al socialismo, e a soli 15 anni fu tra i promotori del Circolo giovanile socialista della città, mentre nel 1911 a soli 19 anni passò a dirigere la Camera del Lavoro di Minervino Murge.
Giuseppe Di Vittorio, come ricorda Pietro Ingrao in un’intervista del 1987 “è stato il simbolo di tutta un’Italia oppressa che si alzava in piedi e che poneva il problema del suo riscatto e della sua emancipazione”. Sempre schierato dalla parte dei lavoratori, dei ceti sociali più deboli, ha dato un grande contribuito alla ricostruzione dell’Italia nel dopoguerra: non va dimenticato il suo impegno nella stesura della Carta costituzionale, ancora oggi tra le più avanzate al mondo in materia di riconoscimento e di garanzia dei diritti sociali.
"Fino a quando il LAVORO non sarà STABILE e BEN PAGATO, non chiamatelo lavoro. Fino a quando non consentirà alle persone di comprare casa, di mantenere/(provvedere dignitosamente, ndr.) la propria famiglia e di fare progetti non c’è nulla da festeggiare".
fonte: S. V. contatto feisbuc
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