19 marzo: festa dei padri

 

Coincide con la celebrazione di San Giuseppe, festa di origine cattolica; 19 marzo San Giuseppe padre putativo di Gesù. Istituita nel 1871 dalla Chiesa cattolica, la quale decise di proclamare Giuseppe – padre putativo di Gesù – protettore della paternità.

Oggi è diventata una ricorrenza meramente consumistica, molto sentita soprattutto dai bambini che creano nelle loro scuole dei lavoretti per i propri papà.


Festa del papà nella storia

Il culto di San Giuseppe ha origini ancor più antiche, infatti i primi a celebrarlo furono i monaci benedettini intorno al 1030. In Italia il 19 marzo è stato giorno festivo fino al 1977, dopodiché è stato abolito rimanendo una ricorrenza civile.


In Spagna è una festa a tutti gli effetti dal 1948 per merito di Manuela Vicenta Ferrero, insegnante di Madrid, che accolse la richiesta dei padri dei suoi alunni i quali chiedevano di istituire una festa in loro omaggio, come già accadeva per le madri. Come data venne scelta il 19 marzo in rispetto della tradizione cattolica.

Dolce simbolo del giorno di San Giuseppe

Quanto alle tradizioni culinarie, in Italia la ricetta più famosa è certamente la “Zeppola di San Giuseppe”, farcita con crema pasticcera e amarene. Si preparano il 19 marzo perché si narra che Giuseppe, dopo la fuga dall’Egitto a causa delle persecuzioni, decise di preparare e vendere dolci per mantenere la sua famiglia.


Molte le leggende che rivendicano l’origine delle zeppole. Si dice appunto che Giuseppe, per mantenere Maria e Gesù, affiancò al mestiere di falegname quello di friggitore e venditore ambulante di frittelle.

Le zeppole di San Giuseppe sono a base di pasta soffice dalla forma a ciambella, ricoperto di crema pasticcera e un’amarena in cima per completare l’opera. Oltre alla classica zeppola fritta c’è anche la variante al forno, decisamente più leggera.

La tradizione vuole che sia fritta e che si mangi il 19 marzo perché è il giorno in cui, secondo gli antichi culti pagani precristiani, si celebrava la fine dell’inverno con falò e frittelle.




Altre voci circa le origini del dolce si poggiano su due antiche leggende: una religiosa e una pagana. La religiosa fa risalire la nascita delle zeppole alla fuga dall’Egitto della Sacra Famiglia. San Giuseppe, per mantenere Maria e Gesù, affiancò al lavoro di falegname quello di friggitore e venditore ambulante di frittelle.

La pagana, la nascita delle zeppole è legata alle festività di Liberalia nel 500 a.C.. Ogni 17 marzo (due giorni prima dell’attuale Festa del papà) si festeggiavano gli dei del vino, Bacco e Sileno, con la preparazione di frittelle di frumento cotte nello strutto bollente.

Probabilmente la ricetta della zeppola come noi la conosciamo oggi proviene proprio da tale originaria “frittella di frumento.

La prima ricetta delle zeppole risale invece al 1837 ed è presente nel trattato di cucina napoletana Cucina teorico-pratica di Ippolito Cavalcanti. Gli ingredienti sono molto semplici: l’impasto è composto da farina, acqua, sale, uova, burro e olio, per la morbida pasta soffice tipica dei bignè, e per la farcitura basta la crema pasticcera con sopra amarene sciroppate o ciliegie sotto spirito.

Le zeppole sono preparate anche in Puglia, fritte e al forno, farcite con la classica crema pasticcera o con una crema al cioccolato. La ricetta è in fondo all’articolo. In Sicilia vengono realizzate con la farina di riso e una copertura al miele d’arancio o zucchero a velo. In Calabria si preparano con un impasto che prevede l’uso della patata e vengono farcite con ricotta, zucchero, cannella e limone. Nel periodo in prossimità del giorno di San Giuseppe bar e pasticcerie espongono e vendono centinaia di zeppole da gustare in onore dei papà.


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Riflessioni

19 marzo è la Festa del papà, ricorrenza nata per omaggiare il ruolo nella società e nella famiglia della figura paterna.

In realtà, etimologicamente parlando, è una espressione infantile, derivante certamente da padre (colui che ha generato uno o più figli).

Forse si dovrebbe onorare con la giusta definizione di Padre. Padre, quello che è poi in definitiva, dando e ridando autorevolezza e umanità a questa figura che è propria dell’Uomo. Ridandogli il posto di onore che merita, ovviamente mi riferisco solo a quegli uomini/padri che per i loro atteggiamenti, nell’ambito della progenie, hanno mantenuto comportamenti di autorevolezza e responsabilità. Ovviamente il padre perfetto non esiste, ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha avuto da ridire su suo padre. Certamente se ognuno attivasse un percorso di crescita interiore ci sarebbero migliori padri e migliori uomini e donne sulla Terra. La responsabilità di un padre/uomo sarebbe quella di crescere non solo nel corpo ma anche nello spirito. Spesso molti padri per colmare il senso di colpa, per essere o sentire di essere (a volte è solo una percezione o una manipolazione attuata dalle compagne/mogli o dagli stessi figli, per avere ciò che vogliono in maniera spudorata) stati assenti fisicamente o moralmente; concedono tutto ai pargoli ormai furbetti. Ma anche se fosse davvero stato assente, un padre maturo, sano; sa benissimo che farsi guidare dal senso di colpa, non è, né sano per figlio, né saggio da parte sua. Pertanto questa osservazione mi riporta ad affermare che bisognerebbe cambiare l’onorificenza in festa del Padre, sa di responsabile e di autorevole. Il padre responsabile/cresciuto sa che conta la qualità del tempo trascorso insieme ai figli; i bambini, i ragazzi percepiscono quando il padre è sinceramente dispiaciuto per il tempo che avrebbe voluto trascorrere insieme; comprendono, se glielo si permette di vivere la quotidianità anche partecipando alle azioni abitudinarie. Purtroppo troppo spesso si delega il compito di padre alla tv, al telefonino. Il padre responsabile è paragonabile ad un capogruppo che sa cosa bisogna fare in caso problemi, non lo chiede al gruppo, al massimo si consulta con esso; e non certo se sono più giovani di lui o addirittura bambini. Il padre responsabile si mette in discussione già prima che gli altri lo facciano, restando sempre consapevole della stima che ha per se stesso; qui si ritorna al cammino di crescita interiore che tutti dovremmo fare. Un padre cresciuto è autorevole mai autoritario, educa con tenerezza si, ma anche con fermezza. Educare: far venir fuori le qualità. Osserva, guida e indica cosa fare senza pressioni o manipolazioni. Capisco per esperienza diretta che nella nostra cultura non rientra nutrire lo spirito, quanto si nutre il corpo (a volte ipernutriti). Lasciandoci in povertà di spirito e purtroppo, i risultati si vedono in ogni ambito sociale, privato e professionale. Ad ogni buon conto questo voleva essere solo un punto di riflessione, affinché non diventi sempre e solo una ricorrenza consumistica. Per carità, il regalo all’uomo che ci ha generato è una bella manifestazione di gratitudine e dopotutto l’economia va movimentata, ma senza rinunciare all’etica e alla crescita personale di tutti. Il mondo migliore si può creare così!

Buon 19 marzo a tutti i padri responsabili



Ah! Responsabile non è colui che dice sempre si ad ogni richiesta dei figli, anzi è colui che sa quando dire no!

PS: repetita iuvant: il padre perfetto non è mai esistito e mai ci sarà





San Giuseppe, patrono della buona morte: "In ogni azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi morire oggi stesso; se avrai la coscienza retta, non avrai molta paura di morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che fuggire la morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani?"

papà
da vocabolario on line Treccani

papà (ant. pappà) s. m. [voce onomatopeica del linguaggio infantile]. – Padre. È voce fam. e affettuosa, largamente diffusa in tutta Italia (mentre babbo si va sempre più restringendo all’ambito toscano), usata soprattutto come vocativo o quando si parla del padre con i familiari o con amici (analogam. a mamma rispetto a madre): senti, papà; parliamone con papà; esco con papà e mamma; arriva papà, o il papà; sempre con l’articolo, quando è seguito da un compl. di specificazione o è preceduto da un agg. poss.: il papà di Giulio; il mio papà. Per la locuz. figlio di papà, v. figlio, n. 1 c. ◆ Dim. e vezz. papino, paparino; accr. e vezz. paparóne. Come vocativo, è in uso anche la forma affettiva papi, e l’accorciamento pa’.


papà
papà (ant. pappà) s. m. [voce del linguaggio infantile]. - [appellativo affettuoso usato dai figli verso l'uomo che li ha generati: senti, p.; il mio p.] ≈ (region.) babbo, padre, (fam.) paparino, (fam.) papi, (fam.) papino, [solo vocativo]…

Più che festa del papà, sarebbe d’uopo venisse definita festa del padre,


Papà sostantivo maschile famigliare

figlio di papà colui che vive sulle ricchezze della famiglia e sul prestigio della famiglia

PADRE

Uomo che ha generato uno o piu figli

padre madre

padre di famiglia

per linea paterna

di padre in figlio

Padri conciliari=prelati che partecipano al concilio

padri della chiesa=scrittori dei primi secoli che hanno definito le dottrine fondamentali del cristianesimo

beatissimo padre=papa

da Abbah/Padre


curiosità sorridente
La zeppola, perchè è associata alla festa del papà? E’ la zeppola stessa a fornire la risposta. La zeppola pugliese, ad esempio, ha la forma di un morbidissimo bignè con due baffi di crema ai lati ed una ciliegina o amarena al centro. I due baffi di crema richiamano appunto quelli del papà. In Puglia nel periodo dedicato a San Giuseppe si possono trovare zeppole in ogni bar e pasticceria. Ma vuoi mettere prepararla da sé, secondo la ricetta tradizionale?!




Zeppola pugliese: bignè morbido con crema

Ricetta per 8 zeppole circa
Ingredienti: 3 Uova medie – 70 gr Burro (o margarina) – 70 g Zucchero – 40 g di scorza di limone fresco grattugiato – 250 ml Acqua – 150 gr di Farina 00 – 2 gr di sale
Ingredienti Crema Pasticcera: 3 tuorli d’uovo – 25 gr di farina 00 o maizena -Mezza bustina di vanillina -75 gr di Zucchero – 250 ml di latte.
Amarene o ciliegine candite; Olio per friggere.







Preparazione:
Dopo aver scaldato in una casseruola l’acqua con il sale e il burro, portate a bollore e togliere dal fuoco. Aggiungete, poi, la farina setacciata, riportate sul fuoco e mescolate per circa un minuto a fiamma bassa. Mettete l’impasto ottenuto su di un piano di marmo sporcato con un po’ d’olio e lasciar raffreddare completamente. Una volta freddo, incorporate prima i tuorli e poi gli albumi delle uova.

Per cuocere le zeppole, è necessario preparare due padelle con abbondante olio: una, deve andare a fuoco lento, l’altra, a fiamma vivace. Prendete, poi, un foglio di carta oleata e praticate dei fori. Poco per volta, aiutandovi con una siringa per dolci, formate delle ciambelle da poggiare direttamente sulla carta che andrà immersa nell’olio caldo.

Attraverso i fori praticati, passerà dell’aria che consentirà alle zeppole di staccarsi agevolmente. A questo punto, scolatele dalla prima padella e tuffarle nell’altra con l’olio bollente fino a che non saranno dorate. Sgocciolate su carta assorbente, riempite con abbondante crema pasticcera e guarnite con amarene. A piacere, spolverate con zucchero a velo.




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La Domenica delle Palme/La d^mèn^ch^ d' r' Palm^

La demèneche d' r' Palme ovvero La Domenica delle Palme

Riscoprire le tradizioni e apprezzarle è un modo, il migliore, per valorizzare un Paese. Ed in questo tempo storico, particolarmente, credo ce ne sia bisogno. Certo l'italia e in particolare il sud italia peccano di tante manchevolezze, ma possiedono un patrimonio culturale e artistico incomparabili, che dire poi di quello gastronomico😋!!!! 
Pertanto è con fierezza che da Biscegliese, faccio comune-unione con chi avrà il piacere e il tempo per questa poesia 

di Riccardo Monterisi: poeta, tenore, insegnante; che con arguta ironica eleganza ha descritto la domenica delle palme. E anche se la mia considerazione verso la chiesa è cambiata rispetto all'età del catechismo; in breve: ora non ho religione, le abbraccio tutte. Riscoprendo il libro con la raccolta di alcuni suoi componimenti: VERSI DIALETTALI BISCEGLIESI, da cui ho "recitato" (eufemismo), questa poesia; riscopro il calore di questa tradizione, il ricordo delle "frasche": ramoscelli di ulivi. E perché no anche la scocciatura dei tanti bambini che passavano e suonavano ai citofoni: Signora?! Le palme volete? 
E dopo averne acquistate, con un offerta, più di dieci, e la pace chissà  raggiunta!?
insomma buone palme a tutti!!!

Ogni anno si rinnova il rito delle palme benedette, nella domenica precedente la Pasqua.
La chiesa, in cui la gente si accalca per ricevere dal sacerdote la benedizione, si è trasformata in un oliveto: dappertutto, palme e croci benedette, che serviranno per la riappacificazione degli animi, secondo la tradizione.

Oggi è la Domenica delle Palme. Le altre sono domeniche, con l’iniziale minuscola.
(Accademia della Crusca)
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La dmench d' r' Palme

                    Già la Pasque s'avvecene.                                     Pasqua si avvicina.                                                    Veicchie, giuven'e e uagniune,                              vecchi, giovani e ragazzi,
                 a la chiésie port'ogniune                                       ognuno porta in chiesa                                                  palme e criuce a benedéce.                                  palme e croci da benedire.

                E quann'ésse u saggerdote                                   E quando il sacerdote
     che la stol'e l'acquasènde,                                    appare con la stola e l'acquasantiera,
tutt'a spènge, tutte nnènde                                   tutti a spingere per farsi avanti
pe la gran benedizzione...                                     per la benedizione...

Nan te pore chiu na chièsie,                                 Non sembra piü una chiesa,
ma te pore n'alevéte                                            ma sembra un uliveto
nda ne louche a Lamavète                                   in un terreno a Lamaveta  
                   quanne mène u véinde forte.                                  quando spira un vento forte.                     

E pe totte la scernate                                          E per tutto il giorno
véde frasche sci gerènne,                                    vedi ramoscelli in giro, 
ca se vonne regalènne,                                        scambi e regali 
 palm'e criuce benedette.                                di palme e croci benedette

Ed ogniun'a chembessoie;                                    E ognuno va a confessarsi;
u precètte, la scarcédde,                                      il precetto, la colombina,
la terrozze, la fresédde...                                     la raganella, la ciambella... 
Oh, com'ère bell'appréme!                                   Oh, come era bello una volta!!!

Se deciaie a chire téimbe:                                   Si diceva a quei tempi:
*Chèss'è la palme, facime la poce,                      "ti offro la palma, facciamo pace,
nan è téimbe de sto ngagnate,                            non é tempo di restare offesi,
pure la Turchie stonne mboce,                            anche i Turchi sono in pace,
chèss'è la palme, facime la poce*                        ti offro la palma, facciamo Pace"

                                           Riccardo Monterisi                              tradotto da Lucia #cestchic_aop

  • Lamaveta: zona di Bisceglie retrostante la stazione ferroviaria.
  • Scarcédde: grossa ciambella, con un uovo al centro. Colombina.
  • Terrozze: raganella, strumento di legno formato da un telaio con una ruota dentata che striscia su una lamiera, producendo un suono stridente. Usata una volta nelle processioni del giovedi e venerdi santo.
  • Fresèdde: ciambella di pasta frolla ricoperta di glassa.



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Non abbiamo bisogno di pistole e bombe per portare la pace, 
abbiamo bisogno di amore e compassione. 
(Madre Teresa di Calcutta)

Palme uguale Pace?!


Tempo di Pasqua

Verdi i cespugli
nel giardino, a Pasqua
mentre i pioppi attendono
vicino all'acqua.

Là una nuvola
si vuole affrettare,
qui un'altra bianca 
vuole indugiare.
                      Bertold Brecht


Oggi è la Domenica delle Palme. Le altre sono domeniche, con l’iniziale minuscola.
(Accademia della Crusca)

La Domenica delle palme. Augurandoci la pace. Più facile a dirsi che a farsi, in questo giorno si sprecano le palme, ed è facile dire che bisogna fare pace, ma pace con chi? Persino quando crediamo, e lo crediamo veramente, o perchè ci fa comodo crederlo, che abbiamo la pace dentro, accade qualcosa, qualcuno con un gesto o una parola ci fa scattare una molla di "stizza"; già cosi, se ci ponessimo qualche domanda, comprenderemmo che non siamo proprio cosi in pace con noi stessi come crediamo. Certamente è ancora peggio il buonismo finto della ipertolleranza o pazienza ad oltranza, che ci si impone per mero quieto vivere. Pertanto alla luce di queste considerazioni, prima di augurare buone palme a tutti, ho invocato la pace per me. La pace dentro. Mi permetto di suggerire a tutti di fare altrettanto. Chissà, finalmente, incontrandoci, l'augurio sarà più intenso, vero, raggiungerà i nostri Cuori e la nostra Anima.
E, se lo facciamo passare anche ai piccoli di genere Umano che si "affacciano" a Vivere, sarà più probabile che vivano pienamente e forse la Terra sarà un luogo migliore su cui Vivere, per tutti.
Buona Vita!
WLVS!
PS: Ah!! Dimenticavo: Buone palme!!! ;-)


“Spiegatemi voi dunque, in prosa o in versetti,
perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti”
Gianni Rodari
💚



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Il periodo che precede la Pasqua è il periodo in cui la vita si muove lentamente verso la sua pienezza e, con questa sua forza oggi così poco compresa, 
spinge anche noi a rinnovarci, 
ad abbracciare con una nuova visione lo scorrere incerto della vita.
                                           Susanna Tamaro