12 maggio 1974: Referendum Divorzio in Italia

 

Referendum sul Divorzio 12 maggio 1974

Divorzio: Termine con cui viene indicata la separazione tra 2 esseri respiranti, coscienti e responsabili dei proprî atti, uomo/donna, persone sposate; il divorzio indica la fine del rapporto coniugale. Il divorzio è regolato da leggi e può essere concesso solo dopo un tentativo di conciliazione effettuato da un giudice; nel diritto italiano.

Definizioni:

scioglimento quando definisce un matrimonio contratto con rito civile;

cessazione degli effetti civili quando definisce un matrimonio avvenuto con rito religioso.


Cenni storici

Nell’antichità, il divorzio era ammesso nella gran parte delle società tradizionali, e avveniva generalmente tramite il ripudio della moglie da parte del marito.

Nel diritto greco era previsto che in caso di ripudio da parte il marito restituisse la dote, aumentata di interessi, alla moglie.

Nel dirittto romano, invece, il matrimonio era considerato un accordo liberamente concluso da 2 persone e terminava quando veniva meno la manifestazione di quell’accordo, cioè il legame affettivo tra i coniugi (in latino detto affectio maritalis).

Costume molto diffuso e accettato per molti secoli, a Roma il divorzio fu combattuto dagli imperatori cristiani, soprattutto da Giustiniano I, che tuttavia dispose una serie di condizioni che ne consentivano l’ottenimento. A chiesa cattolica, considerando il matrimonio un sacramento istituito da Gesù Cristo, ne stabiliva l’indissolubilità nel 1563 durante il Concilio di Trento. Nel diritto moderno, che ha riaffermato il modello di matrimonio proprio del diritto romano, si è conservata l’idea della possibilità di sciogliere il vincolo matrimoniale con il divorzio quando i coniugi non intendono più vivere insieme. Il divorzio non è contemplato nel diritto canonico della chiesa cattolica; in quanto secondo la chiesa cattolica, il matrimonio è una unione religiosa e indissolubile.


Il divorzio nel diritto italiano

In Italia, il codice civile del 1942 prevedeva come unico motivo di scioglimento del matrimonio, la morte di uno dei coniugi, esprimendo perciò l’idea di indissolubilità del matrimonio; anche in caso di separazione, il legame tra marito e moglie rimaneva infatti valido, impedendo loro di celebrare altre nozze.


1 dicembre 1970 legge sul divorzio

Nel 1970 una nuova legge ha introdotto in Italia, il divorzio come unico rimedio al fallimento della convivenza coniugale, dando luogo ad accese polemche culminate nel 1974 in un referendum popolare. Con esito a vore del divorzio, apponendo modifiche nel 1987.

-Dal 1 dicembre del 1970 nel nostro paese esiste una legge che consente il divorzio. Non lo ha abolito il referendum del 1974 (59,3% per il mantenimento) e nemmeno quello del 1981 (70% per il divorzio).


Fu la prima legge repubblicana approvata senza il voto favorevole del partito di maggioranza relativa, la Democrazia Cristiana. Fu un punto di svolta per una società che il divorzio lo aveva visto solo attraverso gli ingranaggi della Sacra Rota (solo la Chiesa poteva sciogliere il vincolo del Sacramento).-

Perchè ci sia il fallimento del matrimonio, cioè la cessazione della comunione spirituale e materiale fra i coniugi, bisogna che ricorra almeno una delle cause previste dalla legge.

Tra cui:

  • la separazione dei coniugi

  • la condanna di un coniuge per reati gravi

  • oppure rati contro l’altro coniuge

  • matrimonio non consumato

Per evidenziare l’importanza dell’atto di dioìvorzio, la legge prevede che solo l’autorità giudiziaria, previo un tentativo di conciliazione, possa con sentenza, dichiarare sciolto un matrimonio.

Come già detto all’inizio

scioglimento quando definisce un matrimonio contratto con rito civile;

cessazione degli effetti civili quando definisce un matrimonio avvenuto con rito religioso.


Ottenuto il divorzio, i coniugi precedentemente uniti in matrimonio non possono più ricostituire il legame sciolto: il divorzio ha carattere ed effetto definitivo. Entrambi gli ex-coniugi possono creare e formarsi un’altra famiglia.


Secondo la legge italiana il giudice che dichiara sciolto il matrimonio può obbligare uno dei due coniugi (in genere il marito) a versare una somma periodica all’altro coniuge qualora quest’ultimo si trovi in difficoltà economiche. Quest’obbligo viene meno nel caso in cui il coniuge ricevente l’assegno, si risposi.

Il giudice inoltre, se vi sono figli, decide quale genitore è affidatario; o affidarli ad entrambi i genitori, i quali se ne divideranno l’accudimento.


Annullamento del matrimonio

Il divorzio è lo scioglimento del matrimonio legalmente valido; non va confuso con l’annullamento, che si verifica qualora il matrimonio è inficiato da vizi.

Non sono validi, matrimoni:

  • tra parenti,

  • tra persone già coniugate,

  • tra minori

  • tra persone costrette con la forza


La legge che introdusse l’institutio del divorzio in Italia, proposta da Loris Fortuna (socialista) e il liberale Antonio Baslini, fu introdotta nel 1970, e fu una grande conquista civile non solo pe ri movimenti femminili ma di tutto il popolo italiano. Sottoposta a referendum nel 1974, venne modificate nel 1987.


NildeJotti presidente della Camera dei Deputati dal ‘79 al ‘92 fu una fervente fautrice ed attivista nella campagna referendaria in difesa della legge sul divorzio.

Il 25 novembre 1969, quando l’iter legislativo per l’approvazione della legge sul divorzio è ormai alle ultime battute, Nilde Iotti chiede la parola nella Camera dei deputati formulando un discorso passato alla storia:

Proprio perché noi siamo convinti di questo, onorevoli colleghi traiamo dalla nuova concezione della famiglia e dalla nuova realtà morale della vita familiare la necessità che la legislazione italiana consenta la possibilità di scioglimento del matrimonio. La nostra posizione è estremamente chiara e precisa: noi non ci nascondiamo dietro una casistica. Noi sosteniamo il divorzio perché riteniamo che questo istituto trovi rispondenza nella mutata coscienza morale dei cittadini italiani e nella mutata natura della famiglia. Vedete, onorevoli colleghi: per quanto siano forti i sentimenti che uniscono un uomo e una donna - in ogni tempo, ma soprattutto, direi, nel mondo di oggi - essi possono anche mutare; e quando non esistono più i sentimenti, non esiste neppure più, per le ragioni prima illustrate, il fondamento morale su cui si basa la vita familiare. Abbiamo dunque bisogno di ammettere la possibilità della separazione e dello scioglimento del matrimonio. Devo dire a questo proposito, onorevoli colleghi, che per noi il punto essenziale, determinante è la separazione, più ancora del divorzio. Se il divorzio mette definitivamente la parola fine alla convivenza, in realtà la rottura della famiglia comincia nel momento in cui i coniugi decidono di separarsi. Noi diamo quindi particolare importanza alla separazione e pensiamo che non si debba andare alla ricerca dei motivi che la determinano, enucleando una casistica molto precisa, ma che sia invece sufficiente procedere all’accertamento di un fatto, che può essere stato determinato da molti motivi: cioè il fatto che per essersi logorati i sentimenti che mantengono uniti marito e moglie la convivenza non è più possibile, e che quindi quella famiglia non ha più il suo fondamento morale. Del resto nella proposta di legge sul divorzio presentata dal nostro gruppo nella scorsa legislatura, noi ci muovevamo su questa base e chiedevamo che un istituto basilare di una nuova disciplina legislativa in materia familiare fosse appunto quello della separazione legale, fondato sul criterio dell’impossibilità della convivenza. Si prevedevano poi cinque anni di separazione per una necessaria e responsabile riflessione, prima di giungere al divorzio. Poi noi abbiamo accettato (in una discussione, del resto, che ha portato ad un accordo che non è soltanto formale) il testo che abbiamo oggi di fronte e al quale presenteremo, anche d’accordo con altri gruppi, determinati emendamenti, per renderlo più rispondente allo scopo.

Nilde Iotti affronta poi uno dei temi più dibattuti rispetto al divorzio: il benessere dei figli.

Aggiungo, infine, onorevoli colleghi, che la condizione dei figli in una famiglia tenuta insieme per forza, in una famiglia dove la violenza o, peggio - dico peggio - l’indifferenza sono alla base dei rapporti dei coniugi, è la peggiore possibile, e causa la devastazione della loro personalità; peggio, assai peggio, questa condizione che non quella di un figlio o di più figli che vivono con uno solo dei genitori separati, perché almeno in questo caso è possibile mantenere un minimo di rispetto per i genitori mentre nell’ambito di una famiglia basata o sulla violenza o, peggio ancora, sull’indifferenza dei coniugi, non può più aversi neppure il rispetto dei figli nei confronti dei genitori. Dalla natura nuova della famiglia, onorevoli colleghi, discende, per noi, e nelle proposte che abbiamo avanzato, l’autonomia della famiglia stessa. Noi diamo molta importanza a questo concetto della autonomia della famiglia e postuliamo quindi una legislazione familiare che si collochi nei confronti della famiglia in modo da riconoscerne l’autonomia. Quando parliamo di autonomia della famiglia - come ho già precisato all’inizio della mia esposizione - non intendiamo riferirci naturalmente a un’autonomia che si ricollega ad una concezione della famiglia intesa quale realtà precedente lo Stato o quale società di diritto naturale autonoma nei confronti dello Stato. Questo discorso, infatti, oltre che molto dottrinario è anche molto astratto e lontano dal modo in cui noi concepiamo e sentiamo l’autonomia della famiglia. Noi poniamo il problema dell’autonomia della famiglia nei confronti dello Stato perché ci troviamo di fronte a una realtà, quella familiare, che è inerente alla sfera più gelosa, più intima, più libera dell’uomo. Proprio per questo noi sentiamo che lo Stato deve avere nei confronti di questo organismo, che ha una sua vita e sue leggi morali, un atteggiamento di grande rispetto, cioè deve riconoscerne l’autonomia. (...) Voglio qui molto brevemente, onorevoli colleghi, illustrare in che modo noi crediamo che lo Stato possa richiedere senso di responsabilità e intervenire nella tutela dei figli. Abbiamo del resto già esposto il nostro pensiero in un progetto di legge che è di fronte all’attenzione della Camera e già in discussione alla Commissione giustizia. Lascio da parte la questione, su cui siamo tutti d’accordo, dell’elevamento dell’età matrimoniale, come primo atto di assunzione di maggiore responsabilità da parte dei singoli. Chiediamo la corresponsabilità dei due coniugi e quindi la parità dei coniugi nella conduzione della famiglia e nell'esercizio della patria potestà comune. Chiediamo, naturalmente, la comunione dei beni nel corso del vincolo familiare. Chiediamo anche, come segno di responsabilità - è un argomento che stiamo affrontando in quest’aula – che gli uomini e le donne che sono arrivati alla grave determinazione di rompere un vincolo familiare siano costretti ad un periodo di riflessione e di prova: i cinque anni che abbiamo di fronte in questa legge. Questo è chiedere senso di responsabilità agli individui.


Il referendum abrogativo in Italia del 1974 si tenne il 12 e 13 maggio ed ebbe come oggetto la disciplina normativa con cui era stato introdotto l'istituto del divorzio, previsto dalla «legge 1º dicembre 1970, n. 898», nota anche come «legge Fortuna-Baslini» (dal nome dei primi firmatari del progetto in sede parlamentare).

Il divorzio nel mondo:

in Argentina la legge sul divorzio fu introdotta grazie ad Evita Peron, nel novembre 1954, con uno scontro frontale con le istituzioni cattoliche, fece approvsre la legge sul divorzio nell’arco di 2 mesi.

Inghilterra 1857

Francia 1882 riammesso dopo sospensione del 1816

Svizzera 1907

Spagna 1932

Germania 1938

Russia 1917

Canada 1968

Australia 1975


PS: Attivo prodivorzista il Senatore Marco Pannella,  già dal 1965 la sua campagna per arrivare alla legislazione del divorzio. 

Considerazioni personali: La legge sul divorzio rappresenta indubbiamente un passo importante per un popolo che si definisce civile. Certamente è segno di evoluzione e libertà di vivere al meglio la vita. D'altronde uno stato di diritto e sociale deve garantire le libertà fondamentali e questa legge certamente fa si che ognuno possa avere una scelta. Però il fatto di avere la possibilità di mettere fine ad una unione di due individui non deve impedire di unirsi più consapevolmente. La consapevolezza purtroppo sembra non rientrare tra i percorsi consigliati. Da Donna, e, non da "persona giuridica", posso dire che é vero, si ognuno di noi cambia; non tutti crescono interiormente alla stessa maniera. Però se si può impiegare parte del proprio tempo alla scelta del colore dell'auto, dell'arredamento, alla squadra di calcio...a maggior ragione prima di compiere un passo così importante bisognerebbe riflettere e... riflettere e... riflettere e... pensare che probabilmente si avrà la responsabilità di altre vite... non di meno della propria felicità...
si, ci hanno detto spesso il contrario, ma, siamo nati per essere felici in questa vita, dopotutto siamo arrivati sul Paradiso Terrestre. 
ldl di #clancestchicAOeP



Crescere è : Sono connessa alla Terra e all'Universo col Cuore, Amo essere Qui, trovarmi Qui, quando Amo la Terra Amo la mia Bambina Interiore. Ecco: io sono nell'Abbondanza d’Amore, Finanziaria ed Economica. Cosi è! (n.d.r.)©





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